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Mappare l’universo

Quando vediamo una galassia nel cielo, non siamo in grado di dire immediatamente quanto disti da noi: potrebbe essere una galassia grande e luminosa molto lontana, o anche una piccola galassia più vicina, in quanto questi due casi potrebbero sembrare molto simili ai nostri occhi. Tramite la misurazione del redshift delle galassie, diventa possibile dedurne la distanza, e trasformare le nostre immagini piatte del cielo in una mappa tridimensionale.

Il redshift descrive come le nostre osservazioni della luce proveniente da galassie lontane è spostata verso frequenze più rosse dello spettro elettromagnetico. Questo effetto è simile a quanto accade con le onde sonore, quando il rumore di un treno che si allontana da noi è spostato verso frequenze più basse.

A partire dagli anni ‘70, le survey che hanno come obiettivo quello di studiare il clustering di galassie tramite la misurazione del redshift sono diventate uno strumento molto potente per mappare il contenuto e le leggi dell’Universo. Inizialmente le survey si concentravano su poche migliaia di galassie, per poi espandersi verso numeri ancora più grandi verso la fine degli anni ‘70 e negli anni ‘80, fino a comprendere centinaia di migliaia e perfino milioni di galassie (in particolare con il Two-degree Field Redshift Survey e lo Sloan Digital Sky Survey) nell’ultimo ventennio. Ora le survey di galassie stanno raggiungendo una scala di grandezza ancora maggiore.

Durante la sua missione quinquennale, DESI otterrà spettri per circa 30 milioni di galassie su un terzo del cielo notturno, mappando un enorme volume di spazio che raggiunge gli 11 miliardi di anni nel passato.

Queste mappe dell’Universo rivelano un magnifico “motivo” nella distribuzione delle galassie, con un clustering più pronunciato su scale di qualche milione di anni luce, ed un clustering piu debole ma ancora visibile su scale di centinaia di milioni di anni luce. È ora noto che questi “motivi” hanno avuto origine molto presto nella storia dell’Universo, probabilmente nella prima frazione di secondo dopo il Big Bang. Successivamente, le anisotropie così formatesi, sono cresciute a causa dell’azione della gravità: regioni più dense hanno risentito maggiormente dell’attrazione gravitazionale e si sono presto distaccate, localmente, dall’espansione dell’Universo, portando quindi densità ancora maggiori rispetto al resto dell’universo in espansione. Perciò da piccole fluttuazioni di materia iniziali, la gravità ha fatto sì che queste piccole strutture crescessero e producessero accumuli di materia che ha successivamente formato galassie, e strutture ancora più grandi che oggi rileviamo nelle mappe di galassie.

La struttura su larga scala è particolarmente utile per studi cosmologici, sia in quanto ci porta una visione in buona parte immutata delle perturbazioni di materia iniziali, sia perché ci offre un modo relativamente semplice di misurare gli attuali effetti della gravità su grande scala. Queste opportunità costituiscono gli obiettivi principali di DESI.

L’utilizzo di mappe della struttura a larga scala richiede lo sviluppo di analisi statistiche in grado di quantificare la differenza tra la distribuzione di galassie osservata e quella di una distribuzione casuale. Le teorie cosmologiche dei fisici teorici fanno predizioni dettagliate di queste proprieta statistiche.

Una complicazione allo studio delle mappe è che queste possono non essere perfette, in quanto gli strumenti, l’atmosfera, ed addirittura il contenuto della Via Lattea possono dare luogo a fluttuazioni apparenti nella distribuzione delle galassie. La rimozione di questo tipo di errori, lo sviluppo di test statistici adeguati, e la stima accurata degli errori nelle misure, richiedono una grande attenzione, in particolare date le dimensioni dell’esperimento in questione. La collaborazione di DESI sta ora assemblando i vari strumenti necessari per queste analisi, basandosi su decenni di sviluppo progressivo nei campi di struttura su grande scala e grandi survey di redshift di galassie.

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