In un universo in espansione, le onde elettromagnetiche, e pertanto la luce, vengono allungate, perciò la loro lunghezza d’onda risulta incrementata. Siccome lunghezze d’onda più grandi corrispondono alle zone più rosse dello spettro elettromagnetico, questo effetto viene chiamato “spostamento verso il rosso”, o “redshift”. Questo effetto è equivalente al cosiddetto effetto Doppler di un oggetto che si allontana da noi (similmente alle onde sonore da un’ambulanza in allontanamento, la cui frequenza risulta diversa rispetto a quando è in avvicinamento), perciò ci si riferisce al redshift come ad una velocità di recessione.
Il redshift può essere misurato prendendo la luce di un oggetto e misurandone la quantità di luce presente alle differenti lunghezze d’onda. Poiché conosciamo la composizione chimica delle galassie, che include elementi come idrogeno ed ossigeno, sappiamo a quali precise lunghezze d’onda aspettarci l’emissione di questi elementi. Negli spettri—ovvero la luce emessa alle diverse lunghezze d’onda—osservati, siamo così in grado di misurare di quanto queste emissioni sono spostate verso il rosso, ovvero, misuriamo il redshift.
Più una galassia osservata è lontana da noi, più risulterà spostata verso il rosso, ovvero risulterà avere una velocità di recessione più elevata. Per galassie vicine, questo effetto corrisponde alla legge di Hubble: la velocità di recessione è proporzionale alla distanza. Per quanto riguarda galassie più lontane d’altro canto, la relazione tra distanza e velocità (o redshift) diventa ben più complicata, in una maniera direttamente collegata alla storia di espansione dell’Universo. Se l’Universo contiene più materia, allora l’espansione rallenta col tempo, e le galassie ad alto redshift risultano più vicine in distanza. Invece se dell’energia oscura è presente e causa un’espansione accelerata dell’Universo, allora oggetti ad alto redshift saranno a distanza più lontana rispetto ad un Universo non in espansione accelerata.
È stata proprio la rilevazione di questo effetto sulla luminosità delle supernovae ad alto redshift che portò alla scoperta dell’energia oscura e al Premio Nobel per la fisica del 2011. Questa relazione tra distanza e redshift è anche di primaria importanza per le misure cosmologiche che DESI porterà a termine.